I diverticoli sono delle alterazioni anatomiche a carico della parete del colon che possono manifestarsi clinicamente con quadri clinici sfumati di dolenza localizzata ai quadranti addominali inferiori o con una sintomatologia così severa da mettere a rischio la vita del paziente. I pseudodiverticoli o semplicemente diverticoli sono delle estroflessioni acquisite della mucosa e della muscolaris mucosae presenti in più del 30% dei soggetti adulti con più di 60anni e in più dell’60% dei soggetti anziani sopra gli 80 anni. Essi sono localizzati nel 50% al colon di sinistra (discendente-sigma), ma possono anche interessare l’intera cornice colica in circa il 16% dei casi o, in una percentuale ancora inferiore, intorno al 5%, solo il colon di destra (ascendente-cieco). I diverticoli possono essere apprezzati macroscopicamente in sede autoptica o sul pezzo operatorio come delle vere e proprie estroflessioni della parete oppure ricordare la forma di “sacche” a fondo cieco in comunicazione con la cavità del viscere durante un Rx clisma opaco o un esame colonscopico.
Fisiopatologia e clinica
Il primum movenes nella formazione di questo difetto di parete è un’ipertrofia degli strati muscolari (muscolatura liscia circolare), associata a movimenti di ipersegmentazione, che produce un aumento stabile della pressione intraluninale e che causa l’indovazione degli strati più superficiali attraverso i luoghi di minore resistenza della parete del colon: dove, cioè, penetrano i vasi sanguigni. La malattia diverticolare è stata nominata la “malattia del XX secolo”: sia per la alta morbilità e mortalità delle sue complicanze, ma soprattutto per la sua elevata prevalenza nei soggetti adulti asintomatici nella società odierna. Questa accezione gli è stata attribuita considerando il fatto che la sua incidenza, nulla agli inizi del 1900 nei paesi occidentali, è andata aumentando in modo stabile e progressivo dagli anni 20 ad oggi. Ci sono studi, infatti, che dimostrano come il numero di ricoveri ospedalieri per malattia diverticolare si sia quasi raddoppiato nel ventennio ’50 -’70 nei paesi nordeuropei. Questo strano comportamento sembra essere in stretta correlazione con lo sviluppo socio economico e con la modifica delle abitudini dietetiche. E’ stato osservato in studi epidemiologici di settore eseguiti nelle generazioni figlie degli immigrati neri d’America di inizio secolo scorso, che la loro probabilità di sviluppare la patologia divertolare è, attualmente, identica a quella delle popolazioni autoctone; questi dati si discostano molto da quelli pubblicati in studi degli anni ‘30 dove l’incidenza di malattia era molto differente nelle due popolazioni. Oltre ai sopraccitati fattori di rischio sono strati proposti altri fattori correlati con lo sviluppo della malattia quali: età, sesso, obesità, vita sedentaria, malattie ereditarie, immunodepressione e terapie farmacologiche con FANS\Steroidi. La storia naturale della malattia è complessa e variegata: i soggetti portatori dei diverticoli possono restare asintomatici tutta la vita o possono presentare complicanze emorragiche gravi, in un 1-6% dei casi, oppure complicanze infiammatorie/infettive che si manifestano come singolo episodio, in un 10-25% dei pazienti, o cronicizzate, con episodi recidivanti, in un altro 20-25%. Però, anche all’interno della stessa tipologia di complicanza, sia essa infiammatoria/infettiva sia emorragica, sono presenti fenotipicità di vario grado che si estrinsecano con quadri sintomatologici diversi. La complicanza più frequente è senza dubbio la complicanza infiammatoria, la diverticolite. In base all’estensione anatomopatologica del processo infiamatorio in atto possiamo classificare il corrispettivo quadro clinico in due entità distinte: la diverticolite non complicata e la diverticolite complicata. La diverticolite non complicata è l’infiammazione localizzata a livello del diverticolo che non coinvolge altre strutture ma che determina una reazione infiammatoria locale in risposta ad una stasi fecale all’interno del diverticolo stesso, con una iperplasia del tessuto linfoide della mucosa e con un edema peridiverticolare, il quadro “classico” di peridiverticolite. Questa alterazione anatomopatologica può rimanere del tutto asintomatica o può manifestarsi clinicamente con una dolenza in fossa iliaca sinistra associata a turbe dell’alvo, stipsi o diarrea - tipo sindrome da colon irritabile-. La diverticolite complicata, invece, presuppone l’estensione del processo infiammatorio/infettivo al di fuori del diverticolo propriamente detto estendendosi, o per contiguità dal colletto diverticolare a tutti gli strati della parete del colon adiacenti o per perforazione delle pareti del diverticolo e formazione di un flemmone\ascesso. Tale ascesso si potrà estendere al grasso pericolico-epiploico-mesenteriale, alla cavità pelvica e peritoneale, potendo addirittura interessare le strutture nobili viciniori quali: il piccolo intestino, la vescica, la vagina, l’utero e gli annessi. Questa poliedricità si rifletterà nella sintomatologia di presentazione clinica che manifesterà, oltre ad una sintomatologia dolorosa acuta di notevole intensità per irritazione dei foglietti peritoneali e ad una reazione infiammatoria sistemica (febbre, tachicardia, ecc…), un corredo sindromico policromo associato che virerà a seconda dell’organo coinvolto: non sono rari, infatti, i pazienti che si presentano all’attenzione del medico per infezioni recidivanti delle vie urinarie causate da una fistola colo-vescicale misconosciuta.
Diagnosi
Iter diagnostico si compone di esami di laboratorio per monitorare gli indici di flogosi ematici e quantificare l’eventuale perdita di sangue, di esami radiologici come l’Rx clisma, l’ecografia addominale e la TC addomino-pelvica e l’angiografia per dimostrare la conservata canalizzazione, l’estensione del processo infiammatorio e il luogo di emorragie nelle perdite ematiche massive e infine dell’esame colonscopico che da importanti informazioni sul transito, sul sanguinamento di lieve/media entità e nella diagnosi differenziale tra stenosi diverticolare e neoplastica nei casi di diverticolite cronica recidivante. La scelta degli esami da eseguire nel singolo paziente dipende dal grado di progressione della storia naturale della malattia e dal livello di acuzie del quadro clinico presentato dal paziente stesso. In condizioni di urgenza per instaurare una prognosi e una terapia corretta l’esame che ha il più alto potere diagnostico è la TC; mentre in condizioni di “elezione” la colonscopia è sicuramente l’esame più significativo.
Trattamento chirurgico
La terapia della malattia diverticolare si fonda nei soggetti asintomatici a rischio e nella diverticolite acuta non complicata nell’introduzione di una dieta ad alto contenuto di fibre al fine di ridurre l’incidenza della formazione dei diverticoli (prevenzione primaria) e quindi degli episodi di diverticolite acuta, sia esso il primo episodio sia di quelli successivi, sia l’utilizzo di terapia antibiotica per os a basso assorbimento sistemico per il controllo della sintomatologia algica. La terapia, invece, della diverticolite acuta complicata sfrutta la sinergia tra antibiotico terapia sistemica e terapia chirurgica in funzione della gravità del quadro clinico e delle comorbidità del paziente. Quando il paziente non presenta un quadro clinico di peritonite generalizzata la strategia migliore è quella dell’antibiotico terapia e.v. ad alte dosi e il differimento dell’intervento chirurgico in “elezione” e non in urgenza a causa della mortalità postoperatoria del 10-20% in quester condizioni contro quella del 2% in condizioni di stabilità. Un ulteriore fattore da considerare in urgenza è il dover confezionare una deviazione del transito intestinale temporaneo per almeno 90 giorni con l’esposizione del paziente al termine del periodo di attesa ad un nuovo intervento chirurgico gravato anch’esso da percentuali di morbilità postoperatorie del 30% e moratalità del 14%. La terapia della malattia diverticolare si fonda nei soggetti asintomatici a rischio e nella diverticolite acuta non complicata nell’introduzione di una dieta ad alto contenuto di fibre al fine di ridurre l’incidenza della formazione dei diverticoli (prevenzione primaria) e quindi degli episodi di diverticolite acuta, sia esso il primo episodio sia di quelli successivi, sia l’utilizzo di terapia antibiotica per os a basso assorbimento sistemico per il controllo della sintomatologia algica. La terapia, invece, della diverticolite acuta complicata sfrutta la sinergia tra antibiotico terapia sistemica e terapia chirurgica in funzione della gravità del quadro clinico e delle comorbidità del paziente. Quando il paziente non presenta un quadro clinico di peritonite generalizzata la strategia migliore è quella dell’antibiotico terapia e.v. ad alte dosi e il differimento dell’intervento chirurgico in “elezione” e non in urgenza a causa della mortalità postoperatoria del 10-20% in quester condizioni contro quella del 2% in condizioni di stabilità. Un ulteriore fattore da considerare in urgenza è il dover confezionare una deviazione del transito intestinale temporaneo per almeno 90 giorni con l’esposizione del paziente al termine del periodo di attesa ad un nuovo intervento chirurgico gravato anch’esso da percentuali di morbilità postoperatorie del 30% e moratalità del 14%.